Brontolando con un calice di Chianti in mano
Lo sfogo di Marek Jarosz dell'Universita di Cracovia
Mario Crosta |
Caro Mario, sospetto che gli Italiani (pardon, i Toscani) si siano recentemente avviati sul facile sentiero della produzione di vini 'plastificati' , di largo consumo di massa, privi d'individualita, fatti secondo la legge ma simili uno all'altro come due gocce... (di vino?). Naturalmente mi rendo conto della superficialita delle mie osservazioni, ma sono preoccupato perche nutro un certo affetto per la Toscana. Sicuramente in Toscana il vino lo vogliono soprattutto vendere, ma questo ha guastato l'antica arte degli enologi, che hanno gia perso la propria tipica personalita. I loro vini cominciano ad essere tutti simili a quelli che soddisfano il gusto anglosassone. Ma perche io sto brontolando? Mi viene in mente se non sia il caso di scrivere un paio di articoli proprio su questo argomento, pero con molte precauzioni, perche un conto e leggere l'opinione di diversi autori che descrivono i piani alti ed un'altra cosa e la mera realta".
"Prima di scrivere qualcosa vorrei trattare approfonditamente la questione con te ed assicurarmi se ho davvero ragione, perche e facile trarre delle conclusioni sommarie e ingiuste. La mia tesi che i Toscani siano passati alla produzione di un vino 'coca cola' mi fa molto male, ma purtroppo ho molte prove convincenti e dirette per poter sottovalutare la cosa. Mi rendo conto che il problema e complesso. Probabilmente al 70% e colpevole la legislazione vinicola. Puo essere che questa abbia talmente limitato le possibilita di sperimentazione dei vitigni che si e arrivati all'appiattimento delle possibilita di restituire particolarita e carattere al territorio, come avviene quando si dipinge un quadro usando soltanto due colori, senza le sfumature. Ma questo non e un segno dei tempi? Una generale perdita d'individualita e di carattere locale? Una globalizzazione plastificata? Al solo pensarci mi si rizzano i capelli sulla testa. Cosa diresti di un articolo in forma di dialogo a tu per tu, tu ed io? Ti saluto. MJ". Sinceramente mi sembra che il dialogo non possa e non debba essere limitato a Marek e me, infatti gli ho risposto che prenda pure il coraggio a due mani e che ci scriva senza peli sulla lingua che cosa lui, sincero amante del buon vino, ha trovato di cambiato in peggio in Toscana dopo qualche anno di assenza.
Marek Jarosz |
Mi fa letteralmente ribrezzo vedere accomunate con la stessa fascetta ministeriale, con la stessa denominazione d'origine, sullo stesso scaffale del negozio, dei "Chianti Classico" da quattro soldi e di pessimo livello qualitativo accanto a dei veri e propri gioielli dell'enologia del Chianti come Badia a Coltibuono, Castello di Meleto, Castello di Selvole, Le Cinciole, Tenuta di Bibbiano, Fattoria La Castellina, Fattoria Le Fonti, Casafrassi, Le Fioraie, Fattoria di Corsignano... e via alla grande che ce n'e tanti ottimi davvero e scusatemi davvero se c'e poco spazio per continuare nell'elenco! E, tanto per non far torto a nessuno, perche non parlo mai a nuora affinche suocera intenda, la stessa cosa si ripete per altre verginelle, come i Valpolicella, che con i Chianti sono i vini rossi italiani piu conosciuti all'estero, oppure come i Barbera d'Asti, gli Oltrepo Pavese ed i Prosecco di Valdobbiadene.
Ovunque i disciplinari DOC e DOCG prevedono anche l'imbottigliamento lontano dall'origine e/o non sono abbastanza severi nei controlli, la "plastificazione" dei vini assume un carattere sempre piu endemico. Come si fa a permettere ancora ad autentiche porcherie di fregiarsi di una denominazione illustre in concorrenza perlomeno sleale nei confronti di quei produttori seri che fanno tanti sforzi per qualificarla? Se al 70% la colpa e della legislazione, ed in questo concordo con Marek Jarosz, il 30% e colpa dei relativi Consorzi che hanno lasciato fare e disfare a proprio piacimento tutta una serie di cantine con la "c" veramente minuscola per interi decenni, alla faccia della tutela che avrebbero dovuto garantire. Tutela d'immagine, di territorio, di credibilita, di trasparenza e di onesta che nel caso di questi grandi consorzi e finita davvero sotto la suola delle scarpe. Che lorsignori, a partire dal Ministero delle Politiche Agricole, si diano dunque una benedetta regolata, che non se ne puo piu davvero...
La vigna sperimentale dell'Universita di Cracovia |
Ovviamente come corrispondente di Enotime dai Paesi dell'Est non mi tirero indietro, anche perche per i vini di altri Paesi europei stanno gia arrivando altre adesioni entusiaste, specialmente da Parigi. Provate a pensare a quanta passione c'e per il vino in questi Paesi freddi dell'Europa dell'Est! E immaginatevi anche le condizioni climatiche estreme che durante il lunghissimo inverno imperversano nel bacino della Vistola e ancora piu su.
Sono certo che ai vignaioli italiani si rizzerebbero i capelli sulla testa, eppure Marek Jarosz e gli altri membri dell'Istituto della Vite e del Vino di Cracovia continuano caparbiamente a diffondere non solo la cultura del buon vino importato, anche dal nostro Paese, ma cominciano a sperimentare una propria produzione in loco. Noi non possiamo deluderli offrendo certo dei cattivi modelli. Loro fino a qualche anno fa sono stati degli ottimi apprendisti, dovevano ancora formarsi il palato, ma adesso sono in grado perlomeno di individuare i nostri difetti e cominciano a chiederci conto di alcune scelte sciagurate che sono state fatte da certa nostra enologia. Cari produttori, e finita la pacchia. Anche ad Est cominciano a distinguere il grano dal loglio, percio smettiamola di spacciare specchietti per le allodole e vetri colorati come se fossero autentiche gemme.
Mario Crosta
www.enotime.it
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