Winnica Golesz

Brontolando con un calice di Chianti in mano



Lo sfogo di Marek Jarosz dell'Universita di Cracovia

Mario Crosta
Mario Crosta
Sono sempre felice di pubblicare la corrispondenza con un lettore, specialmente dei Paesi dell'Est, per proporre un argomento di discussione all'attenzione di tutti gli altri. Marek Jarosz, ricercatore universitario polacco, membro del Consiglio direttivo dell' Istituto del Vino e della Vite di Cracovia, mi ha scritto subito dopo il suo ritorno da un raid in Toscana, dov'era andato con tante belle speranze dopo alcuni anni dall'ultima volta in cui c'era stato, e da cui e tornato (come giustamente scrive) con i capelli rizzati sulla testa. Marek Jarosz in Toscana non era andato al buio, anzi mi aveva scritto prima, chiedendomi qualche indirizzo di buoni produttori di Chianti da visitare, che naturalmente gli ho dato. Ha girato molto, ha assaggiato con interesse, spendendo come ogni turista straniero un sacco di soldi per rivedere dei bei posti e per degustare dei gran bei vini, ha riflettuto in solitudine per qualche mese e poi non ce l'ha fatta piu a trattenersi il rospo in gola. Vediamo di che si tratta.

Caro Mario, sospetto che gli Italiani (pardon, i Toscani) si siano recentemente avviati sul facile sentiero della produzione di vini 'plastificati' , di largo consumo di massa, privi d'individualita, fatti secondo la legge ma simili uno all'altro come due gocce... (di vino?). Naturalmente mi rendo conto della superficialita delle mie osservazioni, ma sono preoccupato perche nutro un certo affetto per la Toscana. Sicuramente in Toscana il vino lo vogliono soprattutto vendere, ma questo ha guastato l'antica arte degli enologi, che hanno gia perso la propria tipica personalita. I loro vini cominciano ad essere tutti simili a quelli che soddisfano il gusto anglosassone. Ma perche io sto brontolando? Mi viene in mente se non sia il caso di scrivere un paio di articoli proprio su questo argomento, pero con molte precauzioni, perche un conto e leggere l'opinione di diversi autori che descrivono i piani alti ed un'altra cosa e la mera realta".

"Prima di scrivere qualcosa vorrei trattare approfonditamente la questione con te ed assicurarmi se ho davvero ragione, perche e facile trarre delle conclusioni sommarie e ingiuste. La mia tesi che i Toscani siano passati alla produzione di un vino 'coca cola' mi fa molto male, ma purtroppo ho molte prove convincenti e dirette per poter sottovalutare la cosa. Mi rendo conto che il problema e complesso. Probabilmente al 70% e colpevole la legislazione vinicola. Puo essere che questa abbia talmente limitato le possibilita di sperimentazione dei vitigni che si e arrivati all'appiattimento delle possibilita di restituire particolarita e carattere al territorio, come avviene quando si dipinge un quadro usando soltanto due colori, senza le sfumature. Ma questo non e un segno dei tempi? Una generale perdita d'individualita e di carattere locale? Una globalizzazione plastificata? Al solo pensarci mi si rizzano i capelli sulla testa. Cosa diresti di un articolo in forma di dialogo a tu per tu, tu ed io? Ti saluto. MJ". Sinceramente mi sembra che il dialogo non possa e non debba essere limitato a Marek e me, infatti gli ho risposto che prenda pure il coraggio a due mani e che ci scriva senza peli sulla lingua che cosa lui, sincero amante del buon vino, ha trovato di cambiato in peggio in Toscana dopo qualche anno di assenza.

Marek Jarosz
Marek Jarosz
Lo fara presto, non ne dubito, proprio in questa rubrica, ed il dialogo diventera certamente a piu voci, com'e giusto che sia. Bisogna considerare che come lui, in estate, molti nuovi enoturisti dell'Europa centro-orientale vengono in ferie nel nostro Paese proprio per approfondire la conoscenza dei vini italiani tanto nominati all'estero, tanto propagandati attraverso le iniziative dell'ICE e dell'Enoteca Italiana di Siena oppure degustati nel loro Paese grazie alle iniziative promozionali di qualche Consorzio o di qualche esportatore di buona volonta. E ritengo giusto aprire questa rubrica anche alle loro opinioni. Ho promesso a Marek Jarosz che pubblichero il suo articolo a proposito dei vini toscani da lui degustati nel suo recente viaggio in Toscana. Ma nel frattempo vorrei rivolgere una domandina semplice semplice, terra terra, agli amici toscani: "Vi si sono mai rizzati i capelli sulla testa per cio che da qualche anno trovate sul mercato come vino, per esempio DOCG, di Toscana?". A me sinceramente si. Ci sono in giro troppi Chianti Classico con la fascetta rosa, cioe garantiti (per cosi dire) dalle commissioni di degustazione delle camere di Commercio, che escono dalle cantine a poco piu di 2 euro la bottiglia e che sono soltanto un pallido ricordo di quello splendore di vino che si e conquistato i favori di tutto il mondo almeno fino a quarant'anni fa, lo stesso che oggi soltanto una minoranza di marche continua a produrre battendosi come un leone per rimanere ai vertici di quella qualita certa e competitiva che aveva ereditato dalla tradizione e sforzandosi di migliorare ancora.

Mi fa letteralmente ribrezzo vedere accomunate con la stessa fascetta ministeriale, con la stessa denominazione d'origine, sullo stesso scaffale del negozio, dei "Chianti Classico" da quattro soldi e di pessimo livello qualitativo accanto a dei veri e propri gioielli dell'enologia del Chianti come Badia a Coltibuono, Castello di Meleto, Castello di Selvole, Le Cinciole, Tenuta di Bibbiano, Fattoria La Castellina, Fattoria Le Fonti, Casafrassi, Le Fioraie, Fattoria di Corsignano... e via alla grande che ce n'e tanti ottimi davvero e scusatemi davvero se c'e poco spazio per continuare nell'elenco! E, tanto per non far torto a nessuno, perche non parlo mai a nuora affinche suocera intenda, la stessa cosa si ripete per altre verginelle, come i Valpolicella, che con i Chianti sono i vini rossi italiani piu conosciuti all'estero, oppure come i Barbera d'Asti, gli Oltrepo Pavese ed i Prosecco di Valdobbiadene.

Ovunque i disciplinari DOC e DOCG prevedono anche l'imbottigliamento lontano dall'origine e/o non sono abbastanza severi nei controlli, la "plastificazione" dei vini assume un carattere sempre piu endemico. Come si fa a permettere ancora ad autentiche porcherie di fregiarsi di una denominazione illustre in concorrenza perlomeno sleale nei confronti di quei produttori seri che fanno tanti sforzi per qualificarla? Se al 70% la colpa e della legislazione, ed in questo concordo con Marek Jarosz, il 30% e colpa dei relativi Consorzi che hanno lasciato fare e disfare a proprio piacimento tutta una serie di cantine con la "c" veramente minuscola per interi decenni, alla faccia della tutela che avrebbero dovuto garantire. Tutela d'immagine, di territorio, di credibilita, di trasparenza e di onesta che nel caso di questi grandi consorzi e finita davvero sotto la suola delle scarpe. Che lorsignori, a partire dal Ministero delle Politiche Agricole, si diano dunque una benedetta regolata, che non se ne puo piu davvero...

La vigna dell'Universita di Cracovia
La vigna sperimentale dell'Universita di Cracovia
Ma torniamo al nostro Marek Jarosz perche quando ha saputo che avrei pubblicato un suo articolo sui vini toscani mi ha risposto nel modo che segue. "Caro Mario, mi hai servito proprio bene, penso proprio che poi non potro piu farmi vivo in Toscana e la mia fotografia sara appesa in tutti gli alberghi, nei ristoranti e nelle cantine con la scritta: non serviamo questo signore. Scrivero il testo nonostante molte indecisioni. D'altra parte voglio informarti che sta gia crescendo la nostra vigna sperimentale dell'Universita di Cracovia. Roman Mysliwiec ha fornito le barbatelle e l'ha progettata. L'Istituto del Vino e della Vite di Cracovia ne prendera cura. Per ora sono soltanto 33 are ma, come vedi dalla foto, oltre la vigna si vedono gia le successive possibilita di ampliamento, il posto e meraviglioso. Come sai, da due anni cerco di avviare la cattedra di Enologia nella facolta di studi europei dell'Universita di Cracovia. Cerco collaboratori e spero che tu possa darmi una mano per quanto riguarda i vini italiani. MJ".

Ovviamente come corrispondente di Enotime dai Paesi dell'Est non mi tirero indietro, anche perche per i vini di altri Paesi europei stanno gia arrivando altre adesioni entusiaste, specialmente da Parigi. Provate a pensare a quanta passione c'e per il vino in questi Paesi freddi dell'Europa dell'Est! E immaginatevi anche le condizioni climatiche estreme che durante il lunghissimo inverno imperversano nel bacino della Vistola e ancora piu su.

Sono certo che ai vignaioli italiani si rizzerebbero i capelli sulla testa, eppure Marek Jarosz e gli altri membri dell'Istituto della Vite e del Vino di Cracovia continuano caparbiamente a diffondere non solo la cultura del buon vino importato, anche dal nostro Paese, ma cominciano a sperimentare una propria produzione in loco. Noi non possiamo deluderli offrendo certo dei cattivi modelli. Loro fino a qualche anno fa sono stati degli ottimi apprendisti, dovevano ancora formarsi il palato, ma adesso sono in grado perlomeno di individuare i nostri difetti e cominciano a chiederci conto di alcune scelte sciagurate che sono state fatte da certa nostra enologia. Cari produttori, e finita la pacchia. Anche ad Est cominciano a distinguere il grano dal loglio, percio smettiamola di spacciare specchietti per le allodole e vetri colorati come se fossero autentiche gemme.

Mario Crosta
www.enotime.it

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